Una questione di notevole rilevanza sia giuridica sia pratica riguarda la figura del c.d coobbligato-garante nei contratti di credito al consumo: questo perché, nella fase patologica del rapporto (inadempimento totale o parziale del debitore), a tale soggetto è richiesto il pagamento dell’intero importo finanziato, assimilandolo alla figura del debitore- beneficiario del finanziamento
Va precisato che, a livello terminologico, già il creditore, sia esso istituto bancario o finanziaria, distingue la figura del Cliente, quale beneficiario del contratto di finanziamento ed obbligato alla restituzione dell’importo maggiorato dagli interessi, e quella del Coobbligato-garante, figura che di norma non è precisata all’interno del contratto di finanziamento. Tale distinzione è assente nella fase del recupero del credito, in cui le due figure sono indebitamente assimilate
Il mutuo, fattispecie in cui è inquadrabile il credito al consumo, rientra nella tipologia dei contratti sinallagmatici caratterizzati, dalla relazione causale tra dazione di una somma di denaro da parte del mutuante a fronte dell’obbligo di restituirla, maggiorata dagli interessi, da parte del mutuatario.
L’obbligazione del Coobbligato-garante è radicalmente differente in quanto si fonda su una causa diversa, quella di garanzia, di natura accessoria rispetto all’obbligazione restitutoria principale che grava sul Cliente.
L’obbligazione del Coobbligato-garante va inquadrata, pertanto, nella fattispecie fideiussoria come precisato dalla giurisprudenza prevalente secondo cui in ambito contrattuale o si è parte, e quindi in caso di pluralità soggettiva si assumono di regola obbligazioni solidali (nonché contitolarità degli effetti favorevoli del contratto) o si è garanti/fideiussori, cioè responsabili delle altrui obbligazioni assunte con il contratto principale, senza diventare parte di questo.
Non è invece prevista dall’ordinamento la qualità del coobbligato in un contratto ex se , di soggetto che cioè pur non essendo parte, e quindi non essendo titolare degli effetti di esso, assumerebbe, senza assumere la qualità di fideiussore, l’obbligo di garantire l’adempimento altrui.
In tal caso infatti ricorre necessariamente la figura tipica della fideiussione, con conseguente applicazione della relativa disciplina. Di conseguenza, escluso che il coobbligato sia parte del contratto di finanziamento, lo stesso non può che avere il sostanziale ruolo di garante ( Tribunale sez. III – Firenze, 23/05/2019 ).
Inquadrata l’obbligazione del garante nella fattispecie della fideiussione, una delle conseguenze più rilevanti nella pratica è l’applicabilità dell’art. 1957 c.c. che prevede la decadenza della garanzia nel caso in cui il creditore non abbia agito nei confronti del debitore principale entro lo spirare del termine dei sei mesi dalla cessazione dell’obbligazione principale ossia, nel contratto di credito al consumo, il termine di pagamento dell’ultima rata
A prima vista questa disposizione sembra non avere frequente applicazione in quanto si fonda sulla colpevole inerzia del creditore: acquista ben altra rilevanza nel caso in cui il contratto originario abbia subito delle variazioni sotto il profilo della durata temporale e dunque una rinegoziazione del debito che ha incrementato il termine ultimo di scadenza dell’obbligazione.
Difatti, secondo la giurisprudenza prevalente (ex multis Cass. Civ. n.40829/21, n. 330/1958; n. 3315/1972; n. 3411/1980), le proroghe del termine di adempimento dell’obbligazione restitutoria concesse dal creditore al debitore non determinano un conseguente spostamento del termine decadenziale stabilito dall’art. 1957 c.c..
Sotto il profilo dell’onere del creditore la giurisprudenza assolutamente prevalente ha precisato che “..L’art. 1957 cod. civ., invero, imponendo al creditore l’onere di agire entro sei mesi dalla scadenza per l’adempimento dell’obbligazione garantita dal fideiussore, a pena di decadenza dal suo diritto verso quest’ultimo, tende a far sì che detto creditore prenda sollecite e serie inflative contro il debitore principale per recuperare il proprio credito, in modo che la posizione del garante non resti indefinitamente sospesa.Alla luce di tale ratio, mentre va escluso che nel termine “istanza” usato dalla citata norma possa rientrare un semplice atto stragiudiziale (v. sent. 19.12.1985 n. 6498, 16.6.1981 n. 3901) oppure una denuncia o querela presentate in sede penale (v. sent. 12.12.1974 n. 4241) o un ricorso per accertamento tecnico preventivo (v. sent. 26.4.1972 n. 1305), deve tuttavia ritenersi che quel termine, nella sua portata generica, si riferisca a tutti i vari mezzi di tutela giurisdizionale del diritto di credito, in via di cognizione o in executivis, che possano ritenersi esperibili al fine di conseguire il pagamento, indipendentemente dal loro esito e dalla loro concreta idoneità a sortire il risultato sperato…” ( Cass. civ. n. 283/1997 ).
Nei contratti di credito al consumo è assai frequente la pratica della c.d. rinegoziazione del debito: si tratta, normalmente, di un nuovo contratto che modifica o sostituisce (novazione) quello precedente; vanno valutati con attenzione gli effetti che si producono nella sfera giuridica del coobbligato/garante.
Il caso più semplice si ha quando il secondo contratto non ha effetti novativi per la mancanza dell’animus novandi: se il coobbligato/garante ha prestato l’assenso alle modifiche si deve ritenere che abbia voluto estendere il proprio obbligo di garanzia sino al nuovo termine di scadenza dell’obbligazione principale.
Una questione problematica sorge invece nel caso in cui il coobbligato non abbia prestato il predetto assenso: è da escludersi che si possa realizzare l’estensione della garanzia fideiussoria al debito rimodulato nelle sue parti principali (importo, numero e valore delle rate, termine finale), in quanto, pur essendo la fideiussione un’obbligazione accessoria, la sua estensione, soprattutto temporale, richiede pur sempre il consenso di colui che presta la garanzia.
A ragionare diversamente, ritenendo quindi di dover estendere la garanzia fideiussoria a qualsiasi modifica dell’obbligazione principale indipendentemente dalla volontà del fideiussore, la si trasformerebbe, in maniera del tutto surrettizia, in una fideiussione per obbligazione futura od addirittura in una omnibus
Emergerebbe, in altri termini, quello stesso profilo di aleatorietà che ha portato la giurisprudenza prima e il legislatore poi a regolamentare la c.d. fideiussione omnibus ed a declararne la nullità in assenza della predeterminazione dei relativi limiti
Nel caso in cui la rinegoziazione sia motivata da un perdurante inadempimento dell’obbligato principale la fideiussione potrebbe venire meno a norma dell’art. 1956 c.c. poiché l’istituto di credito, a fronte dell’inadempimento costante del debitore principale, non avrebbe attivato le garanzie previste ma avrebbe concesso una dilazione e/o rimodulazione del prestito in violazione dell’obbligo di controllo finanziario della posizione del debitore principale aggravando immotivatamente la posizione del garante che si ignaro di tale situazione.
Nel caso in cui la rinegoziazione abbia determinato una novazione oggettiva dell’originario contratto di prestito al consumo l’obbligo di garanzia del fideiussore persiste solo nel caso in cui sia novato il predetto obbligo; nel caso in cui la novazione abbia riguardato solamente l’obbligazione principale si può dubitare in merito alla sopravvivenza della fideiussione che, si ricorda, ha una natura accessoria.
Pertanto, una volta perfezionatosi il secondo contratto producendosi gli effetti estintivi su quello precedente, l’obbligazione di garanzia, in virtù della natura accessoria, è parimenti estinta.
A cura di Rosita Ponticiello, Avvocato del Foro di Viterbo e Stefano Bianchini, Avvocato del Foro di Viterbo.
ARTICOLO GIA’ PUBBLICATO SU NTPLUS DIRITTO IN DATA 8 APRILE 2022